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“Scrivi quando arrivi”. Ce lo scrivono alla fine di un concerto, di un giro in centro, sul ciglio della porta dopo una cena da amici: non perché si vogliano fare gli affari nostri, ma come per dire “mi preoccupo per te, mi raccomando, arriva sana e salva a casa”.
Secondo uno studio del 2015 condotto dalla Cornell University, in Italia il 79% delle donne ha subito catcalling prima dei 17 anni e, spoiler, nessuna di esse ha trovato l’amore all’incrocio tra “vieni qui che ti sistemo io” e “che sventola”. A volte le posizioni su questo fenomeno spaccano l’opinione pubblica, e abbiamo chiesto ai nostri amici misteriosi di dirci la loro.

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Lo Stregatto

Stai camminando per strada. Sei da sola. Dall’altra parte del marciapiede senti fischi ed urla scomposte. Ti guardi intorno. Con chi ce l’hanno? Sembrerebbe che quelle attenzioni siano tutte per te. Sì, sei l’ennesima vittima di catcalling.
L’ultima ossessione sociale o c’è di più? C’entrano gli animali? Ci arriviamo con calma.
Iniziamo col dire che, aldilà dei pareri personali, il catcalling è una forma di molestia; verbale, ma pur sempre una molestia. Ci tengo a specificarlo perché, stando ai commenti sotto il video dell’esimio Dott. Faina, è uscito fuori che noi italiani fatichiamo un pochino ad abbracciare il concetto di molestia. Forse per quel problema dell’avere le mani troppo lunghe, e no non mi sto riferendo a Gianni Morandi.

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Per amor di chiarezza mi prenderò l’odioso compito di quello che cita la Treccani per ricordarvi il significato di molestia prima di tornare a parlare di catcalling: “Sensazione incresciosa di pena, di tormento, di incomodo, di disagio, di irritazione, provocata da persone o cose e in genere da tutto ciò che produce un turbamento del benessere fisico o della tranquillità spirituale”. Mi sembra chiaro, no?
Dalla mia condizione di uomo cisgender etero bianco, ho fatto uno squillo ad amiche e familiari per capire meglio qualcosa che difficilmente potrò mai sperimentare sulla mia pelle. Ne è emerso un pattern piuttosto omogeneo: il catcalling è davvero uno schifo.
La cosa che più mi ha colpito però è l’incredibile numero di escamotage che ogni ragazza deve quotidianamente mettere in atto per tutelarsi dalle attenzioni indesiderate della fauna urbana. Uno di questi è un’app e si chiama Wher. Il gioco di parole è piuttosto eloquente. Si tratta di una mappa fatta dalle donne per le donne. Le vie delle principali città vengono classificate dagli utenti per livello di sicurezza e segnalate attraverso un codice colore: semplice ed efficace, si spera. Senza dubbio un’iniziativa lodevole che spinge però verso una conclusione un po’ amara. Nel 2021 le donne sono spinte a machiavellici espedienti per cavarsela, neanche fossero MacGyver.

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Ma gli uomini, cosa dicono? Alcuni si nascondono dietro la libertà di espressione, più comoda di un materasso Eminflex e parafrasata in diverse versioni di “eh allora non si può più dire niente”. Altri non sentendosi rappresentati dalla categoria, combattono il pregiudizio di genere a colpi di tweet, usando l’hashtag #notallmen.

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Una delle domande che tanti uomini di chiedono è “qual’è il confine tra complimento e catcalling?” e io l’ho chiesto direttamente a chi il catcalling lo ha subìto. Parrebbe che il più delle volte il confine sia fatto da gentilezza, educazione e tatto.
Avvicinarsi, o anche solo rivolgersi a qualcuno, comporta di fatto un’intrusione nella sua sfera personale. E non lo dico io, ma la prossemica; la disciplina che studia gli spazi e i gesti della comunicazione: entro i 2 metri si parla di distanza personale, quella che concediamo solo agli amici stretti.
Se quindi abbiamo intenzione di avvicinarci a qualcuno per attaccare bottone, potremmo iniziare ad esempio, scusandoci per l’intrusione. Non entreresti mai in casa di qualcuno senza chiedere il permesso, dico bene?
Umiliante, sgradevole, fortemente condizionante, spaventoso. Questi sono solo alcuni degli aggettivi che ho sentito utilizzare per descrivere il catcalling. Tutte le persone con cui ho parlato infatti hanno ammesso di non sentirsi totalmente a proprio agio per strada. Molte di queste hanno addirittura assunto atteggiamenti preventivi per evitare sentire più fischi di un giocatore quando arbitra Collina.

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Mi piacerebbe chiudere questo articolo con una conclusione importante a cui sono giunto solo dopo una lunga chiacchierata con una persona molto speciale, mia nonna: chi dice che una volta era diverso, che sono cambiati i tempi, che le donne non sono più in grado di apprezzare un complimento, dice una stronzata. Purtroppo, è sempre stato così.

Pinco Panco

Nell’Inghilterra XVII secolo si poteva manifestare liberamente il proprio dissenso contro gli attori teatrali: questa pratica si chiamava “catcalling”. Per chi di voi avesse meno di 300 anni, capirà comunque il nesso con il termine moderno: si usava questo nome perchè le urla venivano associate al lamento di un gatto arrabbiato nella notte.

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Oggi però il catcalling è uscito dai teatri e si fa spesso lunghe passeggiate per strada, anche in pieno giorno. Ti sarà capitato di incontrarlo alla fermata dell’autobus, al supermercato o addirittura a lavoro. Essendo nato quando ancora si tagliava la testa alla gente per risolvere i problemi, ora fatica un po’ ad integrarsi alle regole di un secolo che insegue equilibrio e inclusività. Una volta sì e l’altra pure fa delle figure opinabili, lasciando dietro di sé una scia di imbarazzo e turbamento.

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A chi fa catcalling non importa il genere in cui ti identifichi o il tuo sesso biologico. Troverai sempre qualcuno pronto a farti notare che apprezza il tuo lato B o dimostrarti quanto sia bravo a fischiare.
Ora non so voi, ma se uno sconosciuto approcciasse con me in questo modo non ne sarei affatto felice. Chi sei? Chi ti dà il permesso di rivolgerti a me con tanta confidenza? La partita si gioca tutta lì. Io non conosco te e tu non conosci me. Potresti benissimo essere un pericolo, se non per la mia persona, per la mia autostima.
Un po’ come quando si è in macchina, la distanza non sta lì a caso, ma serve a proteggere noi stessi da tamponamenti e tampinamenti vari. Scusate il gioco di parole. Non ce l’ho fatta a resistere.
Già li sento i moderni romantici: “Eh ma sono complimenti, è solo un modo per attaccare bottone!”. Forse il bottone che vuoi attaccare è quello per chiamare il 118. Il flirt è un arte e improvvisarsi Caravaggio quando non si sa neanche tenere un pennello in mano può causare effetti disastrosi. Conoscete davvero tutte queste coppie nate sotto un “hey, dove te ne vai tutta sola”?

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In tutta franchezza, rivolgersi ad una ragazza senza aver prima creato le premesse per non farla sentire un trofeo di caccia non è una buona idea. In nessun caso. È molto più probabile che questa si senta aggredita, imbarazzata, umiliata, infuriata con voi o con sè stessa per non aver trovato il coraggio di rispondervi a tono.
Probabilmente alcuni lo fanno in buona fede o ignorando totalmente gli effetti delle loro azioni; un po’ come un grosso cane che rincorre le auto. Scommetto che nessuno di loro si sia mai chiesto cosa fare nel caso ne dovesse prendere una.

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Se c’è qualcosa di certo invece è che questa ingenuità sia il frutto di una cultura che già in partenza oggettivizza la donna in tutte le sue rappresentazioni: la velina, l’ombrellina. Insomma ci siamo capiti. In ogni caso da adesso non avete più scuse: alle donne il catcalling non piace. Affatto. Uomo avvisato mezzo salvato.
In Francia hanno approvato una legge, nel 2018, che punisce il catcalling nei luoghi pubblici fino a 750 euro di multa, in Perù ci sono leggi simili da marzo 2015. Quindi occhio.
Sebbene il catcalling dovrebbe ormai essere visto come una violazione dei diritti personali, in Italia, come in molti altri paesi, non è ancora così. Complice a volte la vergogna o l’incapacità delle vittime di riconoscere il torto subito, troppo spesso archiviato tra “tanto non posso farci nulla” e “la prossima volta lo denuncio”.
Ciascuno di noi può fare qualcosa di piccolo ma altrettanto concreto per combattere il catcalling o anche solo evitare di sentirci come su un palco del XVII secolo.

Le Ostrichette

Quand’è che finisce il corteggiamento ammicchevole e inizia una vera e propria aggressione verbale? Difficile dirlo, ma in mezzo ci sono 50 e più sfumature di fischi, clacson e grida dall’altro lato della strada. Si chiama catcalling ma tutti te lo venderanno come un ingenuo complimento. Un po’ come quando non ti viene la crema della carbonara e usi la panna da cucina. Dai, non si fa!
Mi viene un po’ difficile credere che chi fa catcalling sia davvero convinto della propria innocenza e purezza d’animo. È talmente ovvio il contrario che l’unica strada per difendersi sia la cieca negazione.
Peggio se a negare il gesto è un insieme di persone che si nasconde dietro la goliardica moltitudine del gruppo. Una bella storiella da raccontarsi prima di andare a letto la sera!

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Più ne scrivo più noto una preoccupante somiglianza con il bullismo; un altro piatto mal riuscito, condito con un pizzico di frustrazione personale, ottusità quanto basta e violenza fisica a piacere.
Se a fare da spartiacque tra i due c’è solo l’epilogo, la violenza fisica, allora quali sono le ragioni che spingono a giustificare il catcalling e non il bullismo? Non è forse vero che la parola ferisce tanto quanto la mano? Forse le ferite della prima non saranno tanto evidenti quanto quelle fisiche, ma non per questo meno profonde e lente a guarire. Da qui la necessità di considerare il catcalling una violenza al pari del bullismo.

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Non c’è dubbio che la violenza verbale provocata dal catcalling possa portare le vittime a problemi psicologici e disturbi della personalità anche gravi: depressione, ansia, attacchi di panico sono solo alcune di essi.
A chi invoca la propria libertà di espressione, rispondo rassicurandolo del fatto che nessuno gli vieterà mai di affermare il proprio pensiero, a patto però che questo non ferisca in alcun modo la sensibilità altrui o che ci si trovi in Corea del Nord. Altrimenti ditelo subito e iniziamo a guidare contromano per sentirci liberi di andare dove vogliamo.

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Forse molti non se ne sono resi ancora conto, ma viviamo nell’era della comunicazione. Esistono più canali e strumenti di quanti l’uomo non ne abbia mai immaginati. Il livello di sofisticazione è tale da aver raggiunto qualsiasi ambito della nostra vita. La cucina è il tuo sogno proibito?
Eccoti servito: 50 gruppi Telegram per condividere la tua perversione con altri maniaci della tagliatella.
Nutri un ardente interesse per le mietitrebbie? Sono abbastanza sicuro che esista un forum anche per te. Se quindi come vogliamo credere, sei in buona fede e stai semplicemente cercando compagnia, evita di fischiare per strada, puoi fare di meglio.