Poniamo tu stia chiacchierando amabilmente con un gruppo di persone conosciute da poco. La conversazione procede piacevolmente finché uno di loro si rivolge a te utilizzando il pronome personale sbagliato. Accade più volte.
Per tutta la conversazione. Ecco, ora fermati un attimo. Senti quello strano disagio? Bene. Prendilo, moltiplicalo per dieci e avrai sperimentato cosa vuol dire essere non binary oggi in Italia.
Magari c’entra qualcosa con tutti quegli asterischi, “e al contrario” e chiocciole che hai visto utilizzare dai tuoi amici su Instagram.
Ma ha senso porre tanta attenzione su un fattore linguistico aspettando che la cultura le vada dietro? O al contrario è proprio cambiando le parole della nostra lingua che potremo ambire ad una cultura più inclusiva? Se lo stanno chiedendo in tanti, noi inclusi. Abbiamo girato la domanda a diversi anonimi interlocutori, che chiameremo Pinco Panco, le Ostrichette, e lo Stregatto.